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in copertina:

   Vittorio Emanuele

    E la luna si fece alba,  2005
   olio su tela cm 50x60 (part.)

 

 GALLERIA PONTE ROSSO
20121 - Milano via Brera 2
Tel./Fax 02/86461053
E-mail:ponterosso@ponterosso.com
Corrispondenza: via Monte di Pietà 1/A
Orario di apertura: 10-12.30  /  15.30-19
Chiusura: domenica mattina e lunedì

VITTORIO EMANUELE
la luce ruba la notte


Dal 6 al 30 ottobre 2005

Inaugurazione giovedì 6 ottobre alle h 18


"La mostra è dedicata a tutti quelli che, fuori dalle mode, viaggiano in direzione ostinata e contraria e in particolare a coloro che negli spazi e nei silenzi notturni ritrovano se stessi. La penombra come rifugio del mistero e dell'immaginazione." (V. Emanuele)

Emanuele è nato a Lentini (Siracusa) nel 1959. Ha iniziato a dipingere giovanissimo, la sua formazione parte dal liceo artistico di Brera, continua poi con lo studio della teoria del campo, scienza della visione, e studio delle scale cromatiche con il maestro Alvaro Monnini. Corsi di Pittura e Figura con la Pittrice Micol De Palma. Scuola Superiore d'Arte del Castello Sforzesco di Milano, con la guida del maestro Luigi Timoncini. Corsi sull'incisione Italiana XX secolo, presso l'Università Cattolica di Milano, con il Prof. Paolo Bellini. Corsi internazionali di Calcografia dell'Accademia Raffaello di Urbino. L'esperienza artistica iniziata come illustratore, continua con l'attività di pittore incisore. Dal 1989 al 1999 è stato docente di calcografia presso la Scuola Superiore d'Arte del Castello Sforzesco di Milano, e in diverse Scuole Civiche e Centri Culturali. Vive a Buccinasco (MI); lavora a Cusago (MI) e Andagna (IM).

Scrive Flaminio Gualdoni:

Vittorio Emanuele ha maturato negli anni, e con lucida determinazione, una sua singolare, appartatissima, deliberatamente inattuale, posizione pittorica.
Ha scavato, delucidandone le implicazioni concettuali e ritrovandone l'ampiezza di spettro problematico, la questione della tecnica, sottratta a un tempo dalla semplice - e in se stessa inane - esibizione di maestria ma anche dalla svalutazione en blague che l'attuale temperie postmoderna ha vulgato. Ha, soprattutto, chiesto alla pittura stessa di rimontare sino ai propri statuti primi di necessità, al momento sorgivo in cui il vedere/far vedere è l'epicentro concettuale, non il dato strumentale d'inizio, della pratica.
Vi sentiamo la frequentazione amorevole e non pedissequa dell'antico. Vi sentiamo, soprattutto, un ragionamento non passivo sulla modernità, atto di struggente fedeltà a quella che Mario Mafai chiamava la "Signora Pittura", fatto non di rifiuti dell'esperienza e della tradizione nuova del Novecento, ma di ossessione dello sguardo: un regard consapevole delle trappole della mera somiglianza, che nei fondamenti d'artificio della pittura stessa costruisce la propria verità.
Ecco dunque Vittorio Emanuele mettere sotto tutela il virtuosismo possibile e chiedere ai fondamenti del pittorico di ritrovarsi, nella ferocia scarnita del suo operare, in identità. E', allora, un disegnare spingendo la fluenza dei segni a sapersi sino al punto in cui siano determinativi dell'immagine, anziché descrittivi. E' un dipingere non costituendo illusione di corpo, ma fragranza e acuminata certezza dell'apparire, del costituirsi in forma alla luce. (...)


 

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