VITTORIO
EMANUELE
la luce ruba la notte
Dal 6 al 30 ottobre 2005
Inaugurazione giovedì 6 ottobre alle h 18
"La mostra è dedicata a tutti quelli che, fuori dalle mode,
viaggiano in direzione ostinata e contraria e in particolare a coloro che negli spazi e
nei silenzi notturni ritrovano se stessi. La penombra come rifugio del mistero e
dell'immaginazione." (V. Emanuele)
Emanuele è nato a Lentini (Siracusa) nel 1959. Ha iniziato a dipingere
giovanissimo, la sua formazione parte dal liceo artistico di Brera, continua poi con lo
studio della teoria del campo, scienza della visione, e studio delle scale cromatiche con
il maestro Alvaro Monnini. Corsi di Pittura e Figura con la Pittrice Micol De Palma.
Scuola Superiore d'Arte del Castello Sforzesco di Milano, con la guida del maestro Luigi
Timoncini. Corsi sull'incisione Italiana XX secolo, presso l'Università Cattolica di
Milano, con il Prof. Paolo Bellini. Corsi internazionali di Calcografia dell'Accademia
Raffaello di Urbino. L'esperienza artistica iniziata come illustratore, continua con
l'attività di pittore incisore. Dal 1989 al 1999 è stato docente di calcografia presso
la Scuola Superiore d'Arte del Castello Sforzesco di Milano, e in diverse Scuole Civiche e
Centri Culturali. Vive a Buccinasco (MI); lavora a Cusago (MI) e Andagna (IM).
Scrive Flaminio Gualdoni:
Vittorio Emanuele ha maturato negli anni, e con lucida determinazione,
una sua singolare, appartatissima, deliberatamente inattuale, posizione pittorica.
Ha scavato, delucidandone le implicazioni concettuali e ritrovandone l'ampiezza di spettro
problematico, la questione della tecnica, sottratta a un tempo dalla semplice - e in se
stessa inane - esibizione di maestria ma anche dalla svalutazione en blague che
l'attuale temperie postmoderna ha vulgato. Ha, soprattutto, chiesto alla pittura stessa di
rimontare sino ai propri statuti primi di necessità, al momento sorgivo in cui il
vedere/far vedere è l'epicentro concettuale, non il dato strumentale d'inizio, della
pratica.
Vi sentiamo la frequentazione amorevole e non pedissequa dell'antico. Vi sentiamo,
soprattutto, un ragionamento non passivo sulla modernità, atto di struggente fedeltà a
quella che Mario Mafai chiamava la "Signora Pittura", fatto non di rifiuti
dell'esperienza e della tradizione nuova del Novecento, ma di ossessione dello sguardo: un
regard consapevole delle trappole della mera somiglianza, che nei fondamenti
d'artificio della pittura stessa costruisce la propria verità.
Ecco dunque Vittorio Emanuele mettere sotto tutela il virtuosismo possibile e chiedere ai
fondamenti del pittorico di ritrovarsi, nella ferocia scarnita del suo operare, in
identità. E', allora, un disegnare spingendo la fluenza dei segni a sapersi sino al punto
in cui siano determinativi dell'immagine, anziché descrittivi. E' un dipingere non
costituendo illusione di corpo, ma fragranza e acuminata certezza dell'apparire, del
costituirsi in forma alla luce. (...)