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in copertina:
Vittorio Carradore
Estate a Lobia, 2003
olio su masonite cm 80x60 (part.)
Marcello Malandugno
Fiori e lumaca, 2004
olio su tavola cm 60x60 (part.)
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GALLERIA
PONTE ROSSO
20121 - Milano via Brera 2
Tel./Fax 02/86461053
E-mail:ponterosso@ponterosso.com
Corrispondenza: via Monte di Pietà 1/A
Orario di apertura: 10-12.30 / 15.30-19
Chiusura: domenica mattina e lunedì
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CARRADORE
/ MALANDUGNO
La nuova generazione del Premio Dalla Zorza
Dal 10 al 27 giugno
2004
Inaugurazione
giovedì 10 giugno alle h 18
Malandugno e Carradore sono i due artisti protagonisti di questa rassegna, contraddistinti
da una poetica formale differente ma accomunati dalla condizione d'essere tra i premiati
delle precedenti edizioni del Premio Biennale di Pittura Carlo Dalla Zorza istituito dalla
Galleria Ponte Rosso. Prosegue così, con questa proposta, la linea di attenzione della
Galleria alle nuove generazioni di artisti che la sensibilità dei responsabili ha voluto
rintracciare attraverso lo strumento del premio, affidando di volta in volta la scelta,
tra le numerosissime proposte che pervengono alla Galleria, a critici ed esperti di
comprovata autorevolezza, affiancati dalla sensibilità di artisti storicamente presenti
in Galleria. Il tutto viene poi filtrato dalla vasta giuria finale composta da artisti,
critici e collezionisti che formano così quel connubio di esperienza, competenza e
sensibilità veramente unico nel panorama dei premi di pittura. Sono così sgorgate in
questi anni scelte che hanno contribuito al rinnovamento del già robusto panorama
pittorico offerto dalla galleria, innestando nella consolidata importanza storica delle
mostre che hanno fatto la tradizione della Ponte Rosso, la fresca proposta delle nuove
generazioni entro le quali si è avverata anche la felice scoperta di nuovi talenti. Anche
questa mostra prosegue così l'intento innovativo attraverso le opere di Malandugno e
Carradore, due giovani artisti che offrono una proposta pittorica che spazia dalla figura,
al paesaggio e alla rappresentazione dell'ambiente, fatto ora di intimità ora aperto a
vasti orizzonti, e che nella differenza di soggetti e linguaggi ancora una volta
testimonia la volontà della Galleria di rintracciare quella pittura che, se pur con
differenze linguistiche, si giovi della più persuasiva maestria e sempre al servizio
dell'incanto della più suadente poesia.
Lo scenario principe su cui recita la pittura di Carradore è rappresentato dalla campagna
che scorre tra le colline pedemontane dei dintorni di Verona. Carradore raccoglie la
tradizione tonale della pittura veneta che rinnova alla luce delle moderne correnti
paesaggistiche europee sorte all'esordio delle avanguardie storiche a cavallo tra '800 e
'900, quasi che una propaggine della Scuola bretone di Pont-Aven abbia lasciato i suoi
semi fecondi anche nei pressi di San Bonifacio. Osservando l'accesa cromia con cui
Carradore veste il paesaggio si coglie infatti lo stupore genuino che accompagna lo
sguardo dell'artista, che sa scoprire come la luce che inonda la sua campagna sia
soprattutto colore. Quella luce sono gli occhi di Carradore, il cui sguardo scende dai
suoi cieli d'intenso colore per incresparsi nella infinita varietà di verdi, d'aranci, di
rosa e di terre che vestono il nervoso disegno di colli, alberi, covoni e tralci di vite.
È un inseguire innamorato lo spettacolo della propria terra, sapendone cogliere il senso
poetico che il gesto pittorico scopre per offrircene l'incanto. Ma quest'intima
penetrazione della poesia dell'esi-stente non si ferma allo scenario dell'ambiente di
campagna, ma nell'opera di Carradore entra anche negli interni di probabili dimore, dove
la pittura fa poesia con gli oggetti del lavoro, con gli animali domestici o con i giochi
dell'infanzia. Una sorta di tragitto intimo cui la pittura di Carradore restituisce la
persuasiva e seducente proposta di come possano essere poeticamente cromatici anche i
nostri stati d'animo più quotidiani.
Nelle opere di Malandugno assistiamo alla convincente presenza della figurazione che si
miscela con le arditezze compositive inaugurate dalle avanguardie del '900. Lo si
riscontra soprattutto nelle opere che l'artista chiama "Composizioni" con una
felice scelta nominale perché è proprio qui dove appunto si compongono, per dar vita
all'opera, la scansione moderna della superficie, l'uso del collage tra diversi materiali,
la gestualità dell'atto pittorico che si scioglie in accattivanti colature ed il
persuasivo richiamo figurativo che caratterizza gli oggetti. Una commistione d'elementi
che non sanno tanto di colto assemblaggio dei linguaggi moderni dell'arte, quanto di
sapiente inseguimento delle sorprese poetiche che le contaminazioni pittoriche sanno
produrre, restituendoci del gesto, del colore e della geometria che li trattiene, lo
spettacolo della pittura. È una sorpresa seducente che si rincorre nelle geometriche
cromie degli improbabili sostegni degli oggetti magistralmente rappresentati, come anche
in quel perdersi della netta scansione tra le forme nelle accattivanti velature e nelle
pittoriche sovrapposizioni tonali. Ma è anche e soprattutto nell'apparizione convincente
della figura umana che campeggia protagonista nella serie di opere denominata "Il
mito". Sono figure alate accolte in uno spazio indefinito, che ha la sua forza
attrattiva non nella riconoscibilità dell'ambiente, ma nella seduzione cromatica della
pittura, quasi ad invitarci a far sÏ che sia la poesia a condurre il nostro sguardo ad
interrogare la nostra natura.
Carlo Adelio Galimberti
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