CHIARA
LURAGHI
La frase della pittura in
un autoritratto
Dal 9 ottobre al 2 novembre
2003
Inaugurazione
giovedì 9 ottobre alle h 18
In occasione
della mostra
verrà presentato il volume
CHIARA LURAGHI acquarelli
CHIARA LURAGHI acquarelli
poesie di Giuseppe
Eugenio Luraghi
testo di Stefano Crespi
edizione Galleria Ponte Rosso
Nell'incontro con Chiara Luraghi, nello scrivere per la
prima volta della sua pittura, sembra verificarsi, quasi con sottile inevitabilità, una
"condizione simbolica": il tratto emotivo, il dato anche irriflesso di
vibrazione, intuizione. C'è il senso, la percezione di un ritratto artistico, di una
qualità espressiva, dove tuttavia convivono tanti aspetti: la biografia, il percorso
interiore, i rimandi e le intermittenze, la finitezza dello spazio e la fascinazione del
tempo, l'immagine e lo specchio. La presente occasione espositiva può essere un
suggerimento di natura complessiva: una scelta di quadri recenti per l'esposizione, una
monografia di acquarelli con una sequenza di poesie del padre Giuseppe E. Luraghi. (...)
La pittura di Chiara Luraghi si iscrive in un luogo pittorico che è voce, temporalità:
per paradosso un non luogo. Del resto testimonianze molto rappresentative avevano intuito
la direzione di questa pittura: in una sorta di "pagina inattesa" (con Leonardo
Sinisgalli); nell'espressione "scabra" (con Raffaele Carrieri), in un
"addio alla realtà" (in una presentazione di Sergio Solmi). Un punto originale
si può ancora sottolineare negli interventi per Chiara Luraghi di Raffaele Carrieri che
era molto personaggio nel saper coniugare un'allure mondana con un'acutezza di
penetrazione. Apprezza Carrieri nell'incontro con la pittrice la "timidezza" che
in una nozione profonda, non letterale, è una virtù paradossale: l'ascolto, il dubbio,
la sottigliezza, l'insistenza dello sguardo. Chiara Luraghi non ama riconoscersi nelle
qualità della raffinatezza, di una punta di eleganza. Ne sospetta un'apparenza gratuita.
Eppure nella sua pittura, nei punti anche più segreti, non viene meno quel tocco di
stile, di "misura" italiana entro la coscienza dell'inquietudine, di un
disincanto, di una leggera "sprezzatura" (parola amatissima in una scrittrice di
assolutezza come Cristina Campo). (...)
Stefano Crespi
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