| La
        visione "preziosa" nella vicenda artistica diInaugurazione
        mercoledì 16 ottobre alle h 18VITO MELOTTO
 
 Dal 16 ottobre al 10 novembre
        2002
Accade sovente che nelle opere di pittura emergano memorie
        inconsapevoli, a volte frammenti di una dimensione, culturale più spesso che reale,
        dimenticata, a modificare la realtà oggettiva, quella che funge, con la sua presenza
        viva, da stimolo, da motivo o suggestione di partenza. Accade sovente che la cultura,
        imma-gazzinata nei ricordi, trattenuta sotto la soglia della coscienza, lieviti
        inavvertita e prenda il sopravvento sull'immagine referenziale, sostenendo l'artista nella
        sua quotidiana fatica di creare immagini, la cui novità appare incomprensibile se
        comparata alla sola realtà. Così accade in molti; così è esemplarmente leggibile in
        Vito Melotto, che propone l'ultimo ventennio espressivo (o poco più) del suo percorso,
        attraverso una sintesi che non ne inquadra tutte le componenti, tutti gli aspetti
        stilistici -ogni quadro è una storia-, ma ne chiarisce almeno l'essenza poetica
        complessiva. Tutta la lunga vicenda di Melotto -nato nel Veronese nel 1928- si inquadra
        alla luce di questa ambivalenza: di una immagine dello sguardo, da cui non sa o non vuole
        uscire, rappresentazione, finestra sul mondo, che è inevitabile stimolo, alimento
        continuo della propria esperienza di pittore; e di una sottesa presenza della cultura, che
        permane sotterranea, sostrato inevitabile in ogni confronto pittorico. Costituita e basata
        sulla tradizione veneta, appresa nella stagione formativa sui banchi della
        "Cignaroli" di Verona, la sua pittura si è venuta modificando, spegnendosi
        verso i toni del grigio verrebbe da dire, per l'acquisita consapevolezza della storia
        lombarda, entrata nel suo patrimonio genetico per vita diretta e vissuta. Da mezzo secolo,
        da quando la sua vicenda biografica lo ha portato, in forme definitive, a Milano (nel
        1952, a 24 anni), nella sua esperienza artistica le due dimensioni padane, che guardano
        alla materia "commovente" come sostegno ineludibile della poesia e alla
        solarità cromatica come portato espressivo, si sono lentamente fuse nel suo mondo
        poetico, sintesi felice ed estrema di due diverse -e per certi aspetti anche divergenti-
        espressioni linguistiche. (
) dalla presentazione in catalogo  
             
                         
                    
                       Mauro
        Corradini    |