Sono
esposti venticinque nuovi dipinti ispirati all'America degli anni
cinquanta e realizzati dall'artista in quest'ultimo anno.
Paolo Paradiso nasce a Milano. Intraprende studi di
grafica pubblicitaria ma si dedica contemporaneamente alla pittura di cui
è appassionato da sempre. Nel 1983 una svolta importanrte: decide di
trasferirsi negli USA stabilendosi a Chicago. Durante gli anni trascorsi
in America la pittura, mai abbandonata, diviene sempre più importante
fino a diventare la sua attività prevalente. Nel 2003 espone la sua
produzione americana alla Michael H. Lord Gallery di Chicago. Dal 2004
ritorna a Milano, dove attualmente risiede. Nello stesso anno partecipa al
Premio di Pittura Carlo Dalla Zorza indetto dalla Galleria Ponte Rosso e
ottiene il I Premio. Nella primavera del 2005 espone in mostra personale
presso l'Università Bocconi e in settembre tiene la sua prima mostra
personale alla Ponte Rosso dal titolo L'America dipinta di Paolo Paradiso,
presentata in catalogo da Carlo Adelio Galimberti; nel 2006 presenta An
American Theme. Nel 2007 tiene la personale Atmosfere americane al Centro
Culturale del Comune di Pizzighettone, mostra presentata in catalogo da
Damiana Tentoni. Negli anni seguenti, sempre alla Ponte Rosso, espone:
Music for the eyes (2008), Four Years After (2009), Metropolis (2010),
presentata in catalogo da Flaminio Gualdoni, The shadow of the Empire
(2011), fino all'attuale Painting New York (2012) presentata in catalogo
da Elena Pontiggia.
Ha scritto ELENA PONTIGGIA (presentazione in catalogo,
marzo 2012):
(…) Paradiso, vogliamo dire, non è un iperrealista e
non è nemmeno un realista, anche se può sembrarlo. Le sue immagini sono
filtrate attraverso una trama di rimandi e citazioni che vanno dalla
fotografia e dal cinema (come non pensare al finale di Metropolis o a
Lewis Hine per Men at work?) fino alla pittura di Hopper e di certa Pop
Art. Ma, soprattutto, sono rielaborate con una nuova sintassi. Quando, per
esempio, dipinge le strade, abbrevia innaturalmente lo spazio e incolla le
automobili l'una all'altra. Lo fa per suggerire la congestione del
traffico, ma più ancora per intensificare il senso ritmico e volumetrico
della composizione, che diventa un mosaico di tessere tridimensionali. La
sua, insomma, è una falsa oggettività, che corregge il di-sordine delle
cose per inquadrarle in un più rigoroso (anche se nascosto) ordine
visivo. Il viaggio nello spazio, sia pure uno spazio ricreato come in uno
studio cinematografico, è dunque il dato più ovvio nelle opere
dell'artista. Meno evidente è quello nel tempo. Paradiso, in realtà, non
dipinge l'America di oggi, ma quella di mezzo secolo fa. Lo si nota
soprattutto quando nei suoi quadri compaiono le figure, come per esempio
in Liberty, dove la Statua della Libertà è salutata da due signore con
le gonne ben sotto il ginocchio e da due signori col Borsalino. Ma anche
le sue macchine, a ben vedere, sono modelli vintage che oggi si trovano
solo nel mercato del modernariato, e forse nemmeno lì. Lo scarto
temporale è ancora più suggestivo perché a evocare il passato non sono
reperti storici o frammenti dell'antico, ma la metropoli americana, icona
per eccellenza della modernità. (…)