Ponte Rosso Galleria Virtuale

 

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in copertina:
                                                                             
   Mario Vellani Marchi

    Velo Veronese, 1931 - olio su tavola cm 67x50
    Lo squero a Burano,
1930  - olio su tavola  cm 67x50




GALLERIA PONTE ROSSO
20121 - Milano via Brera 2
Tel./Fax 02/86461053
E-mail:ponterosso@ponterosso.com
Corrispondenza: via Monte di Pietà 1/A
Orario di apertura: 10-12.30  /  15.30-19
Chiusura: domenica  mattina e lunedì

        

     
Mario Vellani Marchi
(Modena 1895 - Milano 1979)




Dal
2 marzo al 3 aprile 2011

Inaugurazione mercoledì 2 marzo alle h 18


Mercoledì 2 marzo 2011 ore 18, alla Galleria Ponte Rosso (via Brera 2, Milano) si inaugura la mostra antologica di MARIO VELLANI MARCHI. Sono esposti oltre trenta dipinti e un'ampia selezione di disegni realizzati dall'artista fra gli anni venti e gli anni sessanta.

Mario Vellani Marchi nasce a Modena nel 1895 e studia all'Accademia di Belle Arti. Nel 1914 vince il Premio Poletti per la pittura. Partecipa, come ufficiale, alla prima guerra mondiale. Nel 1924 ottiene un importante riconoscimento ufficiale alla Biennale d'Arte di Venezia; alla Biennale esporrà, invitato, per altre dieci edizioni fino al 1950. Nello stesso anno conosce, con Pio Semeghini, quello che sarà "il luogo" della sua pittura: l'isola di Burano, divenendo, con l'amico veneziano Carlo Dalla Zorza, rinnovatore e maestro della seconda generazione della "Scuola di Burano". Nel 1925 si trasferisce definitivamente a Milano dove ben presto si impone come figura di primo piano nell'ambito artistico culturale milanese e non solo: tra i fondatori, con Riccardo Bacchelli e Orio Vergani, del "Cenacolo Baguttiano", redattore della "Fiera Letteraria", collaboratore con la rivista "L'Illustrazione Italiana", scenografo per il Teatro alla Scala, inviato del Corriere della Sera (come disegnatore) nel 1934/35 nel continente africano, assieme all'amico Vergani, per un importante reportage durato sei mesi. Vellani Marchi muore a Milano nel 1979.

Ha scritto Elena Pontiggia:

(...) l'inquietudine in queste opere c'è. C'è nei pali e nei legni storti disseminati nei campi e lasciati lì a torcersi inutilmente; c'è nello scompiglio dei segni che agitano la geometria della composizione; c'è in certe espressioni malinconiche, in certi volti inerti delle figure: nella ragazza, per esempio, che tiene in mano un limone dorato come un gioiello, talmente giallo che si riverbera sui suoi polsi e rende più verde il verde profondo del vestito, mentre lei non se ne cura, e guarda pensosa nel vuoto, preoccupata di altre cose… (Ragazzina con limone, 1943). Oppure nella malinconia del tempo che scorre e che corre, nell'estate che finisce, nell'autunno che va incontro inesorabilmente all'inverno (Fine estate a Mazzorbo, 1943; Malinconia d'autunno, 1943).

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