VITO
MELOTTO
Dall'11
maggio 4 giugno 2006
Inaugurazione
giovedì 11 maggio alle h 18
In mostra trenta dipinti ad olio realizzati
dall'artista negli ultimi anni. L'artista affronta in queste opere
recenti i temi a lui più congeniali: il paesaggio, la composizione
nell'interno e la figura che in questa esposizione assume un ruolo
dominante per l'intensità dei soggetti rappresentati.
Vito Melotto è nato a S. Stefano di Zimella
(Verona) nel 1928. Ha compiuto gli studi artistici all'Accademia
Cignaroli di Verona. Nel 1952 al termine degli studi lascia Verona per
Milano dove tuttora risiede. Al 1960 risale la sua prima mostra
personale alla Galleria Schettini che subito richiama l'attenzione
della critica militante. Vanno in particolare ricordate le numerose
periodiche mostre personali e collettive alla Galleria milanese
"Ponte Rosso" dal 1975, e gli inviti ad importanti
collettive e concorsi a premio quali: Premio Campione d'Italia, Premio
Cadorago Lario, "Arte Contemporanea" a Villa Simes, Premio
Arena Po, Premio Città di Marsala, Biennale d'Arte Casalpusterlengo,
Pro Loco di Codogno, Arte Sacra in S. Simpliciano e S. Satiro,
"In Cristo la salvezza dell'uomo" Chiesa di S. Cristoforo a
Lodi, "I segni dell'evento" Palazzo Comunale di Cremona,
"Il convito della bellezza" Arte Sacra a Potenza, "Novoli
Arte" rassegna di Arte Contemporanea Comune di Bitonto,
Assessorato alla Cultura "Omaggio a Speranza" e le
personali: Palazzo del Capitano del Polpolo di Reggio Emilia, Casa del
Palladio di Vicenza, Galleria Rettori Tribbio di Trieste,
"Incontri Scrimin" di Bassano del Grappa (VI), "Il
fante di spade" di Modica (RG). Fra i critici d'arte che di lui
hanno scritto in molteplici occasioni: A. Coccia, M. Lepore, D.
Villani, M. Ghilardi, C. Munari, R. De Grada, O. Consonni, C. Franza,
C. Strano, E. Fabiani, M. Corradini, G. Martucci, G. Pre.
Scrive Rossana Bossaglia nella presentazione in
catalogo:
La matrice veneta si avverte nella pittura di
Melotto, sia per le scelte iconografiche - questo descrittivismo
collinare che fa spesso da sfondo alle vedute dirette -, sia per la
dolcezza narrativa delle scene d'interni. Ma la matrice convive - e si
mescola - con diverse emozioni paesaggistiche, soprattutto della terra
umbra da lui particolarmente amata; convive poi, sotto il profilo
stilistico, con l'ambiente espressivo della scuola lombarda. Negli
anni Cinquanta, quando egli approda a Milano, la scuola è soprattutto
impressa dalla presenza di Achille Funi che va evolvendo il
classicismo novecentista verso un più sciolto naturalismo. Melotto
riceve con intensa partecipazione questo messaggio, ma non rinuncia
mai alla forbitezza del segno che fino alla sua attuale produzione non
smetteremo di definire classicheggiante. Infatti, montagne e valli,
luoghi d'abitazione e strutture industriali sono da lui rappresentate
con ferma limpidezza: illustrano il reale con viva precisione ma lo
tengono sempre bloccato in una sorta di trasfigurata solennità. Si
guardi alle presenze vegetali, insieme vive ma come fossero fuori dal
tempo; ai corpi femminili, veristicamente sdraiati nel loro pondus ma
senza totale abbandono. Contribuiscono a questi effetti gli intensi e
insieme duri caratteri della tavolozza. E si guardino le fisionomie:
personaggi - tutti femminili in questa sequenza - differenziati l'uno
dall'altro e tuttavia affini nella modellazione dei tratti e nella
stessa espressione. Si potrebbe concludere che Melotto ha la chiara
coscienza della varietà di immagini che il reale testimonia, ma
insieme della coerente identificazione che accompagna il nostro
sguardo. Un artista potente e significativo è in grado di rendere
appieno varie personalità differenziate e nel medesimo tempo di
imporre loro il marchio della sua inconfondibile personalità.
|