VELLANI
MARCHI
(Modena 1895 - Milano 1979)
Dal 6 marzo al 6 aprile 2003
Inaugurazione
giovedì 6 marzo alle h 18
L'artista, nato a Modena nel 1895, ottenne il primo importante
riconoscimento ufficiale alla Biennale d'Arte di Venezia del 1924; alla Biennale esporrà,
invitato, per altre dieci edizioni fino al 1950. Nello stesso anno conobbe, con Pio
Semeghini, quello che sarà "il luogo" della sua pittura: l'isola di Burano,
divenendo uno dei maestri della cosiddetta "Scuola di Burano". Nel 1925 si
trasferì definitivamente a Milano dove ben presto si impose come figura di primo piano
nell'ambito artistico culturale milanese e non solo: tra i fondatori, con Riccardo
Bacchelli e Orio Vergani, del "cenacolo baguttiano", redattore della "Fiera
Letteraria", collaboratore con la rivista "L'Illustrazione Italiana",
scenografo per il Teatro alla Scala, inviato del Corriere della Sera (come disegnatore)
nel 1934/35 nel continente africano, assieme all'amico Vergani, per un importante
reportage durato sei mesi.
La mostra, corredata da catalogo con presentazione di Elena Pontiggia,
presenta trentacinque dipinti a olio (paesaggi, ritratti, nature morte) realizzati
dall'artista dagli anni venti agli anni sessanta e numerosi disegni e appunti di viaggio.
Dalla presentazione in catalogo: "VELLANI MARCHI. L'AMICO
DELL'ALBA" di Elena Pontiggia
(...) Vellani Marchi nelle sue opere cerca sempre la bellezza. Non per
niente una delle sue fonti più costanti di ispirazione è stata Burano, con le sue luci e
i suoi colori, la sua gente e le sue ore. Se avesse cercato l'umiltà del disadorno,
Milano gli sarebbe bastata. Ma non ha nemmeno cercato lo splendore di Venezia, lo sfarzo
dei Dogi e della Pala d'Oro. Si è fermato ai margini della laguna, in un'isola splendida
anche essa, certo, ma la cui bellezza era meno evidente, meno regale, meno detta. In
questa intensità sommessa, in questa vitalità nascosta, in questa sorta di vibrazione
sottocutanea e interiore consiste la vera tonalità espressiva di Vellani Marchi. E' la
stessa caratteristica che si ritrova nel suo colore, che non grida e non splende, ma
appare. Ed è la stessa caratteristica che si ritrova nella sua luce. "Amico
dell'alba" lo definì acutamente Orio Vergani, che strinse con lui una lunga amicizia
e che con lui divise, tra l'altro, l'esperienza di un viaggio in Africa nel 1934, dal
quale poi nasceranno i due volumi 45° all'ombra e Sotto i cieli d'Africa. Vergani
alludeva soprattutto al lavoro mattutino di Vellani Marchi, che amava dipingere
metodicamente fin dal primo albeggiare, approfittando del silenzio delle vie deserte, del
riaffiorare dei colori dopo l'oscurità della notte. Ma la definizione si adatta
all'intera opera del pittore modenese. La sua luce, infatti, non è mai trionfale e
meridiana. Ama, piuttosto, la chiarità più introversa, più mite: quella che conserva,
nel suo apparire, una sorta di tenerezza accorata. (...)
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