SPILIMBERGO
e il chiarismo
Dal 24 aprile al 19 maggio
2002
Inaugurazione
mercoledì 24 aprile alle h 18
(
) col tempo, e soprattutto nel dopoguerra, l'opera
di Spilimbergo si è addolcita, si è caricata di una grazia ancora più soave e delicata.
Ma, dietro la maschera di un mondo sereno e luminoso, si avverte sempre la consapevolezza
di un tempo breve e provvisorio. Il nostro. Nei quadri dell'artista friulano l'uomo è
poca e piccola cosa. E non c'è elemento che dipinga (un albero, una nevicata, un fiore),
che non abbia un'assoluta leggerezza. Cioè un'assoluta fragilità. Spilimbergo è un
artista che rappresenta immagini piene di luce, e anche di felicità. Ma la sua è una
felicità oraziana: è il carpe diem, anzi il carpe temporis punctum ("approfitta del
momento") di chi sa bene che in natura tutto è condannato a morte. Chi vuole esser
lieto sia, del diman non v'è certezza, potrebbe ripetere Spilimbergo con il poeta
mediceo. Anzi, per lui non v'è certezza nemmeno dell'oggi. Per questo, appena gli appare
la grazia di un fiore, di un ramo, di un paesaggio, di una nevicata, non esita. La
dipinge. La bellezza è una cosa troppo rara e breve perché il suo spettacolo non debba
essere testimoniato e raccontato. In tutta la sua fragilità, in tutta la sua
provvisorietà. Perché, come scriveva Cézanne in una lettera, "la neve caduta è
così bella, ma non dura". La pittura sì.
dalla presentazione in catalogo
Elena
Pontiggia
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