Le
evocanti cromie di
VITTORIO CARRADORE
Dal 22
settembre al 16 ottobre 2016
Inaugurazione giovedì 22 settembre alle h 18
sabato
15 ottobre
GIORNATA
DEL CONTEMPORANEO
apertura straordinaria fino alle ore 21
Sono esposti oltre trenta dipinti dell’artista
veronese; i lavori più recenti e una selezione di dipinti dagli anni
’90 ad oggi.Il suo soggetto prevalente è il paesaggio naturale,
tuttavia l’artista affronta anche i temi della natura morta, della
composizione nell’interno e scene di vita quotidiana che interpreta
in modo molto personale.
Vittorio Carradore è nato a San Bonifacio, in provincia di Verona
nel 1963. Si è avvicinato precocemente alla pittura, prima come
autodidatta, poi frequentando i Corsi liberi presso l’Accademia
Cignaroli della sua città dove, sotto la guida del Maestro Franco
Patuzzi, ha continuato il suo percorso di ricerca dedicandosi sia allo
studio del paesaggio che alla figura.
Risalgono ai primi anni ’80 le esposizioni in ambito locale, seguite
poi da concorsi nazionali e mostre personali e collettive in diverse
città italiane, capitali europee oltre a New York e Sidney fino a
tornare nella sua città, nello scorso anno, con l’importante mostra
personale al Palazzo della Gran Guardia.
L’artista espone alla Galleria Ponte Rosso dal 1995, anno della sua
prima partecipazione al Premio di pittura Carlo Dalla Zorza, indetto
dalla galleria. Nel 2012 Carradore ha vinto l’ottava edizione del
Premio con il dipinto "Bottega a Collodi".
Tra le molte, anzi infinite cose che grandissima maraviglia mi
porgono, [...] ve n'è una non picciola, anzi forse non minore di
qualunque altra: il vedere ogni cosa distinta col suo proprio colore,
dalla cui varietà prendono gli occhi infinita contentezza e
diletto.
ludovico dolce, Dialogo della
pittura (1557)
È nella scia antica della pittura veneta che si sviluppa
l’opera di Vittorio Carradore, quel medesimo solco da cui è
germinato il più iridescente vestito della pittura italiana. Se in
altre regioni il primato l’aveva il disegno perché sapeva scandire
le forme dell’esistente, è in questa terra che si è trovato e
visto il più affascinante vestito pittorico d’ogni forma. Ed è su
questa strada che si innesta il decisivo contributo poetico
dell’opera di Carradore, facendo dello strumento cromatico il
persuasivo veicolo dei sentimenti che i suoi dipinti suscitano. Un
colore che nelle sue tele è protagonista perché, da sempre, è il più
avvincente strumento di seduzione artistica.
Carradore non si accontenta della mimesi della natura, ma ci mostra
quanto senso è nascosto nell’apparenza d’ogni cosa, e ce lo svela
attraverso quel sorprendente vestito cromatico con cui “forma”
l’aspetto dei suoi paesaggi o delle sue nature morte. Si, perché si
tratta di una scansione luminosa e quindi cromatica dei piani e delle
angolazioni che per diversa rifrazione formano l’immagine. Così,
infatti, nelle riprese delle vedute del Lago di Fimon dove l’acqua
diviene occasione per una festa espressiva dalla multiforme
iridescenza, come nell’opera Pontile sul lago Fimon dove la nostra
vista saltella, felicemente persa, sopra una superficie che abbandona
la sterile verosimiglianza del liquido per farsi feconda, variegata e
pura pittura.
E
così ancora in Dintorni di Vestenanova, dove i turchini del cielo e
l’azzurro dei monti, innestano un avvincente dialogo con i colori
complementari degli aranci e dei verdi della terra, rivelando così in
Carradore il possesso sicuro di una conoscenza della storia pittorica
delle avanguardie degli ultimi due secoli. Carradore ne fa tesoro, a
cominciare dalle tonalità dei Nabis, proseguendo per Cézanne, ed
inoltrandosi quindi nella migliore tradizione figurativa
dell’espressionismo europeo.
Ecco
allora che l’opera di Carradore sviluppa quella cultura
dell’immagine che, benché pretenda una fedeltà alla
verosimiglianza ed una riconoscibilità di ambienti, oggetti e
personaggi, sa però trasfigurarli nelle seducenti spoglie di una
suntuosa ed appariscente cromia. L’artista sa investire il mondo che
lo circonda di quella luce irripetibile come è quella che sgorga
dalle tinte della propria pittura, sapendo così rappresentare la vita
attraverso il più invitante e il più suadente degli inganni che i
poeti sanno portare alla nostra ragione, mitigandone l’arroganza ed
invitandoci così lungo i suadenti sentieri dei nostri sentimenti.
Carlo Adelio Galimberti