GALLERIA
SAN FEDELE
Via U. Hoepli 3/A
Milano
dal 26 novembre
al 23 dicembre 1999
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Per Dino Lanaro la pittura è
stata la passione di una vita: da quando giovanissimo iniziò a lavorare in uno
stabilimento di grafica a Schio, sua città d'origine, e da solo imparò a disegnare e
dipingere, a quando, venuto a Milano nel 1937, divenne amico di Renato Birolli e Italo
Valenti e si avvicinò al gruppo di Corrente, poi lungo i tanti anni di insegnamento
all'Accademia di Brera, fino alla morte avvenuta un anno fa, all'età di 89 anni, il suo
dialogo con il colore non ha mai conosciuto pause. Scriveva Guido Perocco, nel 1971, che
la pittura di Lanaro "conserva il limpido accento d'una apertura d'animo fresca e
lieta come una laude francescana, devota, soprattutto all'incanto religioso della
natura": la Galleria San Fedele ha voluto inserire questa piccola retrospettiva nelle
manifestazioni per il Giubileo per l'atmosfera assorta di contemplazione che caratterizza
i suoi paesaggi, per la profonda comunione tra l'animo dell'artista e la natura, per il
senso di pace che emana dai suoi quadri luminosi, distesi. La mostra è dedicata a un
momento particolarmente importante del suo lavoro: gli anni Trenta e Quaranta, che lo
videro prima accostarsi a Morandi e a Carrà, e, attraverso loro, scoprire Cézanne e
riscoprire Giotto, poi entrare in contatto con la linea di Corrente, con la sua concezione
della pittura come colore e come manifestazione vitale, esistenziale dell'io dell'artista.
Sul finire degli anni Trenta Lanaro espone alla Bottega di Corrente, in via Spiga, insieme
agli altri artisti del gruppo, nei dipinti il colore si fa acceso, la composizione più
mossa e drammatica, ma la sua adesione all'espressionismo di Corrente è moderata da
un'innata tendenza all'armonia e alla misura. Durante la guerra, quasi per reazione alle
distruzioni, alla violenza, alle bombe, nelle sue vedute ritrova la quiete, ritrova la
solidità della composizione, la sintesi, l'atmosfera tersa e limpida, senza però
rinunciare all'emozione del colore. I temi sono quelli che gli saranno cari per tutta la
vita, soprattutto il paesaggio, che nella sua opera è quasi sempre uno spazio aperto,
popolato da poche presenze: qualche albero, una casa, le linee ondulate delle colline
della sua terra veneta, e poi il passaggio a livello, il vagone ferroviario, isolato al
centro della composizione, massa di colore che spicca in rapporto agli altri toni del
dipinto. Sono luoghi e oggetti quotidiani, resi in modo tutto sommato fedele, oggettivo,
eppure trasfigurati dal colore, dalla luce particolare, ferma ma calda, dal silenzio
pensoso che è la cifra costante della pittura di Lanaro.
Marina De Stasio, 1999

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Dino LANARO
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