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Invito Gasparini

   

    in copertina:


 Tito Gasparini

  Il giardino della Contessa, 1974
  olio su tavola  cm 30x40
  
  

   




 

GALLERIA PONTE ROSSO
20121 - Milano via Brera 2
Tel./Fax 02/86461053
E-mail:ponterosso@ponterosso.com
Corrispondenza: via Monte di Pietà 1/A
Orario di apertura: 10-12.30  /  15.30-19
Chiusura: domenica mattina e lunedì

 

TITO GASPARINI
(1911 - 1987)



Dal 10 al 27 febbraio 2005

Inaugurazione giovedì 10 febbraio alle h 18


LE AFFABILI MUSE DI TITO GASPARINI
di Alda Guarnaschelli

Parecchi anni fa quando Pavia, città della sua formazione e di residenza, dedicò a Tito Gasparini una imponente antologica al Castello Visconteo, l'amico e critico Dino Formaggio fece, nella presentazione, ripetuti cenni ai lunghi silenzi meditativi di una vita appartata, in cui fio-riva, dal colloquio costante con l'arte antica e moderna, il sapiente operare dell'artista. In realtà Gasparini fu in un primo tempo artista vitale, esuberante e felice dentro una riuscita vita fami-liare: la moglie ne capiva e assecondava il talento, il figlio unico e amato gli corrispondeva, gli amici, un vero cenacolo di intellettuali e autentici maitres à penser come spesso succedeva (succede ancora?) in provincia arricchivano le sue riflessioni sull'arte di dotti conversari: Ludovico Geymonat, Enzo Paci, Mario Bortolotto, Dino Formaggio, fra gli altri. L'Università dove aveva lavorato offriva ancora ricetto negli scriptoria sempre a-perti dei maestri, il tempo non era solo denaro, alle ri-chieste e alle inchieste che origina il sapere. Poi, improvvisa, negli anni sessanta, la morte tragica del figlio Paolo piega su sè stesso l'uomo e lo consegna, tutto e solo, all'arte nella quale si isola a cercare luce e conforto e ragione. Cessa così ogni attività espositiva; dopo i successi di Milano, della Biennale del '57, Gasparini matura un deciso rifiuto dei contatti con Gallerie e Istituzioni pur continuando il costante confronto con ciò che va facendo e si va facendo in campo artistico internazionale. E se nel primo approccio con la scultura in ispecie è mosso da un suo attento guardare alla Scuola Romana, all'arte barocca, al movimento e allo agitarsi delle forme nello spazio si rivolge poi altrove, alle sintesi e alla scomposizione cubista, all'antica e mai superata statuaria classica. Pochi i suoi debiti con Arturo Martini che egli aveva, però scelto come riferimento nel suo rileggere il passato ed era felice delle parole di incoraggiamento che l'ormai affermato maestro venuto apposta a Pavia proprio per lui, per vederne le opere, gli aveva rivolto. Rilegge con garbo e ironia l'arte piu originale del '900: Matisse, Bonnard, a cui lo avvicina una sofisticata ingenuità, Vuillard e i suoi cangiantismi, che traduce in pitture di vario formato in cui rielabora miti e riti del passato: "Pasifae", "Iside", "Nerone giovane", e del presente: "Confidenze", "Il negozio di stoffa", o mutevoli paesaggi dell'amata Pavia; per tutti la serie inesauribile delle "Darsene". In moIti dipinti, soprattutto nelle figure, assorte nei gesti piu consueti o intente a quotidiane occupazioni e domestiche chiacchiere, si avverte la forte e sintetica organizzazione spaziale propria dello scultore che, viceversa, esprime tutta la sua sensibilità pittorica sulle superfici delle grandi sculture in pietra o legno lavorate a sgorbia e scalpello o nelle piccole terrecotte di un suo unico, umanissimo bestiario dove si esercita tutta la pietas e l'humanitas del colto artista. L'arte di Tito Gasparini è solo apparentemente facile ad una prima lettura che si compiaccia della figurazione garbata, dei raffinati colori di sapienza bizantina, che goda dell'ironia e dello spirito burlesco con cui a volte si esprime; in realta cela una profonda cultura e una rilettura non superficiale dell'arte del passato che pian piano si rivela e sottilmente si impone all'attenzione degli intenditori.

  

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