Pittori allo specchio
Dal 13 gennaio al 27 febbraio
2005
Inaugurazione
giovedì 13 gennaio alle h 18
In mostra opere di ventotto artisti italiani del novecento e
contemporanei ognuno presente con due dipinti: un autoritratto ed un suo dipinto
significativo, quasi a simboleggiare l'incontro dell'artista, che presenta al tempo stesso
il suo lavoro, con il visitatore.
Questi gli artisti presentati: BARBIERI, BARTOLINI, BELTRAME, BRAMBATI,
M. CASTELLANI, CONSADORI, DE AMICIS, DE ROCCHI, FAINI, FEDELI, FILOCAMO, FRAI, FRISIA,
GASPARINI, LABÒ, LILLONI, LONGARETTI, LURAGHI, MELO, MELOTTO, MORELLI, MORO, MOTTI,
NOVELLO, PASTORIO, PERELLI CIPPO, A. ROSSI, SPILIMBERGO
Scrive C. A. GALIMBERTI nella presentazione in catalogo:
È la fisionomia degli artisti che si dispiega in questa nutrita
rassegna di autoritratti raccolta accanto ad un'opera di ciascun autore. A fianco dei
dipinti che riassumono lo stile e la poetica di ciascun artista ci viene infatti proposto
il suo volto attraverso il suo autoritratto, offrendoci l'inedita ed intensa esperienza di
poter quasi dialogare ed interrogare la persona di ciascuno di loro, ma rendendoci anche
consapevoli di come di fronte all'immagine di ogni figura umana scorra sottile e
impercettibile la vibrazione dell'inganno, seppure sollecitata e proposta attraverso la
seduzione della pittura. Si ha qui allora la possibilità di sperimentare, attraverso la
bellezza del gesto pittorico, quanta ambiguità sia contenuta nell'apparente certezza
fisionomica di un volto ritratto. Già il termine ritratto dice dell'ubiquità di un
volto, che perché "ri-tratto" ci viene appunto ora proposto (tratto) ed ora
tolto (ritratto) dal nostro sguardo, come qualcosa che non permetterà mai la comprensione
completa della persona. Ma anche con il termine persona prosegue l'intrigante alternarsi
di verità e finzione, se è vero che gli antichi latini con questa parola intendevano
maschera, e dunque ancora una volta qualcosa che mostrandosi contemporaneamente nasconde.
È un mostrarsi che avviene, come si diceva, attraverso la seduzione della pittura,
alimentando così ancora l'ingovernabile moto generato dal "sé-durre", dove
appunto non si sa se siamo noi ad esser portati verso l'opera dell'artista o viceversa,
coinvolti dalla bellezza della raffigurazione pittorica che ci ripropone l'affasci-nante
incertezza che l'arte sempre suggerisce, ed al cui dolcissimo inganno volentieri ci si
abbandona da tempi antichissimi, se, come sappiamo, già in latino raffigurare si
esprimeva con il verbo fingere. Se è vero che un autoritratto si compie attraverso l'uso
dello specchio è allora per "riflessione" che se ne ottiene la fisionomia,
ottenendo così un ulteriore ambiguità dell'immagine, che, si sa, lo specchio restituisce
in maniera reciproca e dunque non nella forma in cui ci vedono gli altri. Ma riflettere
non significa solo invertire l'immagine, ma anche esercitare il pensiero su di sé,
esplorando le nostre profondità ed esercitando così quelle feconde speculazioni sulla
nostra persona, scoprendo che speculare ha la sua origine etimologica nel latino speculum,
che significa appunto specchio, proprio quello stesso strumento che usa l'artista per
compiere il proprio autoritratto. (...)
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