Giovedì 24 maggio
2018 ore 18, verrà presentato alla Ponte Rosso il nuovo lavoro di Paolo
Paradiso. Venti dipinti (alcuni di grande formato) dedicati a Venezia,
realizzati dall'artista in quest'ultimo anno. Una parte dell'esposizione
sarà allestita con una selezione di dipinti dedicati al tema
"classico" di Paradiso: New York anni '50/'60.
La Venezia di Paolo Paradiso di Andrea
Bosco
"Non c'è artista che non abbia provato a cimentarsi con Venezia.
Dall'innovativo Carpaccio, a Tiziano, Tintoretto, Tiepolo, Longhi,
Canaletto, Guardi, Bellotto, chiunque volesse confrontarsi con la luce e
il colore doveva farlo inevitabilmente con Venezia e la sua laguna. Il
Novecento ha esibito i Tito, i Nono, i Milesi, i Fragiacomo, i Favretto, i
tre Ciardi, Il paesaggio e gli uomini. La città un tempo Repubblica
cosmopolita, costretta alla decadenza. La "scuola di Burano",
ultima esaltante pagina di un libro con molti capitoli. Consacrata sui
tavoli del ristorante "Da Romano", dove il padrone di casa
serviva, con pesce pescato e verdure dai forti profumi, carta da spolvero
ai Dalla Zorza, Novello, Vellani Marchi, Consadori, Seibezzi, Cherubini,
Neno Mori, Novati, Villa. Raccontò un cronista che molti di quei
branzini, triglie, carciofi ed asparagi, prima di finire in cucina,
approdavano, schizzati dagli artisti, tagliati dal forbicione di Romano,
nella sua collezione. Bocciato dai critici, il giovane Vedova scaraventò
nel canale una sua opera (poi recuperata) inveendo contro "la giuria
passatista". Quei pittori hanno intersecato la storia culturale di
Milano grazie al lavoro dei coniugi Consonni alla "Ponte Rosso":
collante tra Brera e Burano. Nessuno si è sottratto a Venezia: l'arte
moderna è segnata dalle riflessioni pittoriche veneziane dei De Chirico,
Carrà, Guidi, Brindisi, De Pisis, Saetti, Semeghini. La sfida di Paolo
Paradiso, Venezia colta tra 2017 e il 2018, è temeraria. Un realismo
estremo che va oltre l'iper-realismo. Forme e colori che risultano
violenti colpi di luce. Venezia esposta come attraverso uno zoom
cinematografico. Oltre la fotografia. Il reale più realistico della
realtà. Impresa complicata a Venezia, dove lo spazio appare sospeso tra
il tangibile e il sognato. Tra il percepibile e il favolistico. Dove la
lama accecante del sole sulla pietra d'Istria, rivaleggia con quella dei
tramonti di timbro provenzale, sulla laguna. Dove la luce "a
cavallo", per pochi minuti al giorno, transita sui rii riflettendo le
sfumature dei palazzi. Il "reale", a Venezia, imprigionata nella
sua leggenda, non esiste. Una città Stato costruita sulle palafitte che
per secoli ha dominato il commercio e condizionato la vita delle genti
mediterranee. Se vai a Venezia ti chiedi se quanto hai letto, sulla sua
storia, sia veramente accaduto. E come sia potuto accadere, per così
lungo tempo.
E' questa la misura della "sfida" di Paradiso. Artista che a
Venezia deve essersi sentito a disagio e contemporaneamente "di
casa". Foresto e insieme "citadìn del mondo", come
sostenevano gli antichi veneziani per spiegare la riluttanza a collegare i
loro isolotti, dove non andavano "né bò, né biroci" e dove
"i zentilomeni non gà polvere su le scarpe", alla terra ferma.
Là, dove il resto del mondo era, "campagna". Paradiso scarica
su Piazza San Marco una luce gialla, da campo di grano di Cascella e la
diffonde dall'alto. Mette in primo piano con sfacciataggine caravaggesca,
sedie e tavolini in un soffuso che non è tramonto. Non è il bagliore dei
lampioni della piazza. Quanto, piuttosto, una luminosità trascendente La
sua Venezia d'inverno è fredda: si intuisce il gelo, si percepisce il
disagio esistenziale di chi la abita. Ti stupisce, Paradiso, con i colori
seppiati di un canale dove "dormono" le "topette". Un
rio che cattura la nebbia: il "caìgo" che in novembre avvolge
la Laguna. Per capire Paradiso non si può prescindere dalla sua
esperienza newyorkese. La sua lettura alla Hopper. Quella dinamica dello
spazio che Henry James attribuiva alla Mela. La Carcassone descritta da
Henry Miller in "Max e i fagociti bianchi". Dove svettano i
grattacieli, sfavillano le insegne pubblicitarie, luccicano le lamiere
degli yellow cab e delle fuoriserie. Ma dove Paradiso come in certe
istantanee di Vivian Maier, sa cogliere l'essenza di una città e di una
gente. Chi conosce Venezia sa che Paradiso ha cercato, con il gotico
indagato da John Ruskin, scenari alternativi. La tela, tra quante
proposte, che mi ha incantato è il "Vaporetto in Laguna". Colto
dalla Giudecca alla maniera della "Gondola" di Francesco Guardi.
La notte appena percepita. Lo sfondo azzurro-grigio della tonalità
prediletta da Casagrande e dal Consadori chiarista non ancora rapito dalla
violenza bretone dei rossi e dei blu delle case di Burano. La luce del
lampione in primo piano, nel dipinto di Paradiso, è paradigmatica a
quelle del confine: là dove si intuiscono la Basilica di San Marco e la
Chiesa della Salute. Complice di quella, in un disposto simmetrico,
all'interno del vaporetto: la tela che diventa pellicola. La percezione,
seguendo la luce, è che il battello navighi. Dentro al vaporetto, un
mondo invisibile ma immaginato, di uomini e donne a fine giornata sulla
rotta che porta a San Zaccaria. Come ha capito Paradiso, Venezia è una
eternità in movimento. Tra luci ed ombre."
Paolo Paradiso è nato a Milano. Intraprende studi di grafica
pubblicitaria ma si dedica contemporaneamente alla pittura, di cui è
appassionato da sempre. Nel 1978 apre un suo studio fotografico e
collabora con riviste di moda e studi pubblicitari. Nel 1983 decide di
trasferirsi a Chicago. Durante quel periodo la pittura diviene la sua
attività prevalente e nel 2003 espone la sua produzione alla Michael H.
Lord Gallery of Chicago. Nel 2004 ritorna a Milano e vince il "Premio
di Pittura Carlo Dalla Zorza" organizzato dalla Galleria Ponte Rosso
che lo rappresenta da allora. Negli ultimi 10 anni le esposizioni di
Paradiso hanno riscontrato un continuo e crescente successo. Attualmente
vive tra Milano, Parigi e Barcellona.